Il decreto legge 8 aprile 2020 n. 23, cd decreto liquidità, ha introdotto alcune importanti misure dirette a salvaguardare la continuità aziendale delle imprese e ad evitare nei prossimi mesi un numero esponenziale di fallimenti causati dagli effetti economici dell’emergenza sanitaria Covid-19.
Tra queste misure, vi rientra senz’altro il rinvio al 1° settembre 2021 dell’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa che, come è noto, sarebbe dovuto entrare in vigore il 15 agosto 2020.
Preme ricordare che con un precedente decreto-legge era già stato differito al 15 febbraio 2021 l’entrata in vigore degli obblighi di segnalazione posti a carico dei sindaci/revisori e dei creditori pubblici qualificati (agenzia entrate, inps ed agente della riscossione) – previsti dal Codice stesso (artt. 14 e 15) per evitare che un eccessivo numero di imprese ricadesse nell’ambito di applicazione di tali misure (Articolo 11 Decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9).
Il decreto liquidità riallinea i termini, rinviando l’applicazione di tutte le nuove disposizioni del Codice, inclusi quindi gli obblighi di segnalazione, al 1° settembre 2021. Il tutto avviene apportando una modifica al comma 1° dell’art. 389 (entrata in vigore) del Codice della crisi d’impresa.
Le ragioni dello slittamento sono ben evidenziate nella relazione illustrativa di accompagnamento al decreto.
In primo luogo, il rinvio dell’entrata in vigore mira ad evitare che il buon funzionamento dei nuovi istituti e di quelli riformati possa essere pregiudicato dalla straordinaria situazione di crisi del sistema economico, causata dalla pandemia in corso, determinando l’insuccesso della riforma.
Il sistema dell’allerta è stato, infatti, concepito nell’ottica di un quadro economico stabile, all’interno del quale, quindi, la maggior parte delle imprese non sia colpita dalla crisi, e nel quale sia possibile conseguentemente concentrare gli strumenti predisposti dal Codice esclusivamente sulle imprese che presentino criticità. In una situazione come quella attuale, invece, dove gran parte del tessuto economico risulta colpito dalla crisi, gli indicatori per l’emersione della crisi non sarebbero in grado di svolgere un ruolo selettivo, generando effetti potenzialmente sfavorevoli e dannosi.
Il rinvio al 1° settembre 2021, inoltre, consente alle imprese e ai professionisti coinvolti a vario di titolo nella gestione della crisi di affrontare l’attuale momento di incertezza economica con uno strumento già noto come la Legge Fallimentare, sulla quale si sono già consolidate prassi ed importanti orientamenti giurisprudenziali.
Consentirà inoltre di recepire, nel frattempo, i principi della direttiva UE 1023/2019 in tema di ristrutturazione e insolvenza e le modifiche correttive al Codice, attualmente in fase finale di predisposizione.
Restano, invece, operative le norme di cui al comma 2 dell’art. 389 del Codice della crisi d’impresa come, ad esempio, quelle in tema di Albo dei soggetti incaricati dall’autorità giudiziaria delle funzioni di gestione e controllo delle procedure (artt. 356 e 357 del dlgs 14) e soprattutto le disposizioni di riforma del codice civile (assetti organizzativi societari, modifiche alla governance delle srl, responsabilità degli amministratori, nomina degli organi di controllo ecc.) entrate in vigore lo scorso marzo 2019.
Per quanto riguarda l’obbligo di nomina dell’organo di controllo, in questo complesso quadro di scadenze e proroghe, preme precisare che il recente Decreto Cura Italia (articolo 106 D.L. 18/2020) ha previsto la possibilità di approvare il bilancio 2019 entro 180 giorni dalla sua chiusura e quindi entro il 29 giugno 2020, che viene a costituire la nuova data limite per la nomina dell’organo di controllo.